Recensione | Le iridi dell’Etna



Come si può scrivere la recensione di un libro che sento anche un po’ mio? Le parole rischierebbero di affogare le emozioni e di non essere all’altezza. Ma ho deciso di trovare il coraggio e provarci lo stesso. La raccolta di racconti scritta da Joe Oberhausen Valdez mi ha fatto compagnia in metro, nelle giornate assolate al parco, nella mia piccola stanzetta affacciata su una strada sempre chiassosa. Mi sono persa sotto un cielo siculo, sono approdata in grotte scure sotterranee, ho esplorato le meraviglie della terra. Mi sono imbattuta nella Biddrina, quel mostro tentatore cui è difficile resistere, sensuale e affascinante come la donna della vendemmia che divampa con quelle iridi di fuoco. Ci si lascia cullare dalle braccia di donne eteree per svegliarsi nel bel mezzo di un viaggio e dell’immenso; accolti tra le braccia di un’anima vagabonda alla ricerca di sé che si siede e respira.
Là dov’era nata e cresciuta, alla fine, s’era ritrovata.

<< Il luccicare di quegli occhi striati, variegati, felini sublimi e chiari; il suo ‘semisorriso’, più di tutto inebriante eclissava triste triste il viso che racchiudeva un tormento […]. Ma dopo sarà un’insignificante cicatrice e nulla di più. Voltati e sorridi .>>

E si sorride al mondo di Joe fatto di racconti surreali, crepuscolari e introspettivi. Un tuffo nelle iridi striate coloro miele, un tuffo nel mondo, quello personale, quello che ognuno porta dentro il doppiofondo poco frequentato dell’anima. La bellezza passa attraverso le donne incontrate, attraverso l’attimo fuggente che rende eterno il tempo stesso. Ogni racconto racchiude pezzi di noi, della nostra giovinezza, dei nostri affanni, del nostro peregrinare alla ricerca di… e chi lo sa cosa.
Ho viaggiato insieme a questi racconti, insieme alla penna aulica, arcaica e fluida di Joe. Una penna morbida che regala emozioni assopite. Che ci ricorda il qui, il dove. Il caldo sole dorato di quel Sud tanto amato. E ci ritroviamo sull’altra sponda, oltre i confini di cielo e mare. Avvinghiati a una roccia, con le dita affondate nell’anima. E chi lo sa se quella era la meta. Quel che conta è stato il viaggio. L’immenso nelle parole.

Nota della sottoscritta

All’inizio ho scritto che questo libro lo sento un po’ mio, e un po’ mio lo è davvero. A pag 47 potete trovare il racconto “ Il viaggio e l’immenso” scritto da me e Joe a quattro mani. Una complicità che poche volte si crea nella vita. Quindi non mi resta che ringraziarti per essere andato oltre le mie iridi color qualcosa e aver visto quelli che pochi riescono a vedere.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *