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Punacci, storia di una capra nera

Che traccia può lasciare l’inizio di una vita ordinaria?
Punacci è una capretta nera appena nata, data in dono a una famiglia povera da uno sconosciuto, forse un dio. Egli assicura che lei è un miracolo: la settima capretta nata che, come tale, partorirà a sua volta sette capretti. Nonostante le sue fragilità e le difficoltà che dovrà affrontare, Punacci crescerà arguta, si rallegrerà di cose semplici, si innamorerà del giovane Puvan e, mentre sarà costretta a essere ingravidata da un vecchio caprone, penserà al suo amore perduto.
Nonostante Punacci dia davvero alla luce sette capretti, il miracolo si rivela una maledizione per lei e la famiglia che l’ha accudita. Può un dono trasformarsi in dolore?
La coscienza di Punacci emerge tra le meschinità della vita conducendoci in un mondo lento e immutabile, destinato alla rovina. I suoi occhi scuri osservano l’assurdità della vita, le esistenze misere destinate a un tragico perpetuarsi. . A cosa serve lottare se quello che si fa non cambia il proprio destino o quello di chi ci sta intorno?
Murugan, con il linguaggio di una favola e l’intento della denuncia sociale, ci dipinge un mondo lento e immutevole nel quale la natura è arida, dove gli animali servono solo per essere sacrificati o per dare alla luce altri esseri destinati alla stessa sorte in un cerchio senza fine. Un luogo in cui i contadini devono lottare per la sopravvivenza e restare muti di fronte alle ingiustizie
Se ci bastonano la schiena, dobbiamo gemere in silenzio. Non dobbiamo nemmeno respirare.
Una critica impietosa verso un mondo che l’autore conosce molto bene, tanto da non farci più distinguere quale sia l’animale e quale l’uomo. E tuttavia, in mezzo alle umiliazioni, Murugan ci mostra il coraggio di chi vive con dignità il proprio destino.
Costringono le capre, che non si piegano, a guardare il suolo, legando insieme collo e zampa posteriore con una corda per aggiogarle. Ma le capre cercano sempre di scioglierne i nodi. Le pecore invece sono fortunate a vivere senza comprendere che inchinarsi significa essere schiavi.
Con la semplicità di una favola e la potenza di una denuncia sociale, Punacci, storia di una capra nera, rappresenta con straordinaria sensibilità la condizione di animali e uomini nell’India rurale, destinati, in egual misura a un destino di sottomissione. La piccola capretta si erge simbolo di resistenza in una quotidianità che toglie il respiro e schiaccia. Ma a che serve essere destinatari di un miracolo se non si è in grado di tutelarlo? Che misura ha l’amore e che gusto ha la libertà?
Punacci pensò che tutto l’amore che i due le avevano mostrato si riducesse, in fin dei conti, alla lunghezza di quella corda.
Murugan ci consegna un libro che racconta l’India rurale ma che in realtà abbraccia il mondo intero poiché disparità, oppressione e povertà non hanno confini.
Fatevi un regalo e leggete “Punacci, storia di una capra nera” così vedrete tutto da una nuova prospettiva, non resterete impassibili di fronte alle ingiustizie e vi arrabbierete di fronte all’ineluttabilità del destino.
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