Follie di Brooklyn | Paul Auster

È il primo romanzo di Auster in cui mi imbatto e posso dire con estrema certezza che non poteva esserci battesimo migliore.

L’incipit è d’impatto “cercavo un posto tranquillo per morire”. La descrizione di Nathan Glass semplice e senza fronzoli: non è stato un marito modello, non è stato un padre modello, ha molto tempo libero e nessuna idea su come riempirlo. È impossibile non fare nulla del proprio tempo. Per farsi una risata, Nathan, ritornato a Brooklyn dopo cinquantasei anni reduce da un divorzio e un cancro, decide di scrivere un libro che raccolga tutti gli aneddoti, i capitomboli e gli imprevisti di cui ha memoria.
Nel frattempo avviene un incontro: rivede Tom, il figlio della sua adorata sorella, dopo lunghissimi anni. Uomo un tempo brillante e dalla carriera promettente, dopo esserci lasciato dietro un lavoro da tassista, adesso lavora nella libreria di Park Slope. È ingrassato e pare non avere alcun obiettivo nella vita. Auster o forse Nathan, che ci racconta in prima persona la storia, ci conduce per mano nella vita di Tom e in quella di Harry, lo strano proprietario della libreria e grazie a quest’ultimo incontreremo Rufus, di lui poche righe ma che credetemi, basteranno a riempirvi gli occhi. Busserà alla porta di Nathan la piccola Lucy, figlia di Aurora, sorella di Tom. Muta, senza verità, storia o passato.
Ci imbatteremo nella BPM, una sconosciuta di cui Tom è innamorato.
Rivivremo il sogno dell’Hotel Esistenza, rifugio utopico dalle delusioni della vita.
E infine, Auster chiuderà il cerchio. Ogni cosa è al suo posto.

Ma cosa fanno questi personaggi?
Vivono, semplicemente, vivono.
È di questo che parla il romanzo: della vita, quella vera, quella che viviamo ogni giorno. Fatta di divorzi, tradimenti, scelte, amicizie, rapporti genitori-figli.
Una trama semplice ma che sentiamo nostra ogni volta che Nathan si rivolge a noi perché sa che siamo lì. È come sentire la voce di una persona reale.

Ciò che apprezzo di Auster è la sua penna ironica. Gioca con le parole e il risultato è uno stile scorrevole e divertente ma, allo stesso tempo, intriso di significato.
Auster divaga e indugia su dettagli che sono importanti per lui e un po’ meno per noi. Almeno in apparenza.

Perché indugio su questi dettagli? Perché la verità della storia sta nei dettagli, e io non ho altra scelta che raccontarla così esattamente come si è svolta.

Questo rende il ritmo lento, ma la lettura non ne risente affatto. Anzi, scorre fluidamente.
Ho apprezzato questo romanzo per la sua schiettezza, per l’ironia, per quei dettagli che fanno la differenza.

Alla fine Nathan ci dice: mai sottovalutare il potere dei libri

E nemmeno quello della vita, rispondo io.

 

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