Sono partita alla volta dell’Alto Adige e a farmi compagnia in questi giorni di inizio primavera è stato Kazuo Ishiguro. La lettura del libro però si è conclusa nella mia piccola casa di Milano. Si è rivelato, infatti, un romanzo di non facile lettura ma nel suo complesso geniale!

Il signor Ryder arriva nell’albergo della città in cui giovedì dovrà tenere un concerto. Cittadini, autorità pubbliche, tutti sono in attesa del grande pianista.

Nell’atrio dell’hotel però, nessuno lo attende. Suona il campanello d’argento per annunciare il suo arrivo e mentre Gustav, il facchino, lo accompagna alla sua stanza, Ryder si rende conto di non avere alcuna idea del suo soggiorno né del suo programma, né perché quella città e quelle persone gli sembrino familiari. Per tre giorni Ryder si sveglia senza ricordare nulla del giorno precedente. Saranno gli interventi delle altre persone, che esigono da lui qualcosa, a colmare i vuoti di memoria.

Lo svolgimento della storia segue l’illogicità del sogno e poiché essa è raccontata in prima persona, è facile immedesimarci in Ryder mentre attraversa strade buie o sentieri in mezzo ai boschi, quando si ritrova a una serata di gala in vestaglia.

Le sensazioni sono quelle oniriche, le paure si rivelano ai nostri occhi. Non ci sono punti di riferimento spazio temporali. È solo la fluida narrazione di Ishiguro che ci permette di camminare in questo labirinto senza perdere i fili della trama intessuta.

La scrittura, ricca di dettagli, fa da sfondo all’irrequietezza dei personaggi che parlano a sproposito, fanno domande di cui non interessa conoscere la risposta. Sono privi di senso di comunicazione e pretendono che Ryder curi i loro problemi.

Ma l’arte non ha il compito di curare, dice Ishiguro, essa può solo consolare. È per questo che gli inconsolabili restano tali.

Ryder, con la sua musica, non può curare i loro mali.

Ciò che ha reso difficile la lettura è l’orizzontalità narrativa, l’assenza di climax. La lettura è lenta perché il ritmo è dato dai pensieri e non dalle azioni. Gli inconsolabili, tali perché incapaci di comunicare e ascoltare, sembrano girare a vuoto, arrivare all’improvviso e buttarsi nel mezzo della narrazione.

Alla stessa maniera mi sono sentita io. Mi è sembrato di girare spaesata in un luogo sconosciuto tra esistenza in bilico. Ma è proprio tutto questo in aggiunta alla perfetta penna di ishiguro, che rende questo libro un successo.

554 pagine di libro che si odiano o si amano che possono lasciare a bocca aperta o far sbadigliare.

Io mi sono dovuta fermare spesso, rileggere alcune frasi, entrare a pieno in ogni personaggio e sono dovuta arrivare all’ultima pagina per comprendere la prospettiva di Ishiguro e apprezzarne la genialità.

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